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UCCISA DA UNA RAFFICA D'ODIO

«Povera e randagia la vita, ma senza padrone, libero.»


Il 17 maggio 1949, nel corso di una manifestazione bracciantile di carattere nazionale, Maria Margotti rimane uccisa dai colpi di mitra esplosi da un ufficiale della celere, tale Francesco Galati, nel tentativo di sedare il malcontento dei lavoratori. 

Questo progetto vuole ripercorrere il percorso fatto quella mattina da Maria, una donna come tante altre di quel tempo, una vedova, un’operaia, una mondina e soprattutto una madre che lottava solamente “per difendere il pane delle sue bambine”. 

Partita da Filo d’Argenta, in provincia di Ferrara, si unisce alle compagne e al resto dei manifestanti che si stavano dirigendo a Molinella per incontrare i crumiri. Questi erano stati assoldati dagli agrari per continuare a lavorare, così da sabotare lo sciopero e delegittimare l’azione di protesta. 

Il gruppo di manifestanti cresce sempre di più lungo il percorso, fino ad assumere proporzioni massive. La partecipazione è totale tanto che i crumiri sono costretti ad abbandonare le campagne. Tutto procede in maniera pacifica fino all’arrivo al Ponte Stoppino, quando un gruppo di carabinieri motociclisti del comando di Molinella giunge sul posto e si scontra con i manifestanti. 

Uno di loro spara delle raffiche di mitra verso l’alto. Allora i manifestanti spaventati iniziano a scappare chi da una parte, chi dall’altra. Anche Maria indietreggia insieme alle compagne e scende sotto al ponte, verso l’argine del fiume, per nascondersi. Ma le raffiche di mitra proseguono, stavolta ad altezza uomo e verso il basso. Una di queste trafigge la donna, che cade a terra morta scivolando verso l’argine. 

Il processo farsa che segue questo evento dura quattro anni ed è ricco di tentativi di depistaggio da parte delle autorità, che successivamente vengono confutati dalle testimonianze chiave di alcuni operai che, proprio durante l’evento, stavano lavorando alla riparazione di un ponte poco distante e avevano assistito alla scena.

Maria Margotti è solo una delle numerose vittime delle forze dell’ordine, che soprattutto in quegli anni (ma ancora oggi) hanno pagato con il sangue il solo fatto di lottare per i propri diritti. Credo sia necessario tracciare un filo rosso con il passato per non dimenticare eventi come questi, all'apparenza piccoli, marginali, eppure estremamente significativi per le comunità locali e la storia collettiva. 

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